Rugby » 20/12/2007

Nafta Brindisi: intervista al Presidente Alfredo Malcarne

Sig. Malcarne, da quanto tempo è il Presidente dell’A.S. Nafta Brindisi Rugby?
Mi ritrovo a ricoprire l'onere e l'onore di questo incarico fin dalla costituzione della Nafta Brindisi Rugby del 2004, il nucleo dei soci fondatori aveva la necessità di dividere i compiti e probabilmente ero quello meno idoneo a "stare sul campo"... perciò mi hanno messo dietro ad una scrivania insieme a Giovanni Antelmi (segretario).

In quale occasione è nata l’idea di promuovere la nascita dell’Associazione?
L'idea è nata durante una trasferta a Dublino della nazionale italiana al 6 Nazioni. Al termine della partita, davanti ad una pinta di Guinness in un pittoresco Irish Pub, si è pensato di dar vita ad una associazione capace di promuovere il rugby nella nostra città. Si pensava inizialmente ad un gruppo di amici che avrebbero organizzato trasferte rugbystiche o cose simili.
Il carattere agonistico della società è scaturito successivamente e naturalmente nel momento in cui si è contattato il Prof. Spalluto ed i suoi allievi che 10 anni prima avevano smesso di giocare per i numerosissimi problemi connessi al reperimento di finanziamenti e strutture di gioco.
Nel mese di settembre del 2004 si è pensato ad una squadra giovanile ed una di serie C e, dopo le assicurazioni del Comune sulla disponibilità di un campo, ad ottobre l'abbiamo iscritta ai campionati.
L'avventura è iniziata così.

Quali speranze nutriva per l’associazione al momento della sua rinascita?
Nessuna speranza. Avevo la certezza che il gruppo che avevamo tutti insieme costituito avrebbe prodotto l'unico risultato che ci eravamo prefissati, che non è un risultato agonistico: riuscire in questa provincia a far parlare di rugby e non solo di calcio o di basket, e di avviare una folta schiera di ragazzini alla palla ovale e alla "strana" filosofia sportiva che la accompagna. La serie C era funzionale allo scopo, non era una necessità. E' diventata una sfida sportiva solo successivamente. La fortuna è stata che in fase di costituzione il nostro gruppo (una decina di persone) aveva ed ha tuttora compiti specifici ed una dose di responsabilità limitata al suo incarico.
Ci sono 6 persone che si occupano del campo e dei problemi tecnici di allenamento (su cui abbiamo investito risorse e fiducia), una persona impegnata nel lavoro di segreteria, due si occupano del sito web, un addetto stampa, un addetto alle risorse ed ai rapporti "istituzionali", ed un paio di persone di buona volontà che si occupano della Club House e del merchandising. Se tutto fosse stato poggiato sulla responsabilità la volontà ed il tempo libero di una sola persona avremmo fallito miseramente sin dall'inizio.
Il primo passo è stato costituire una squadra "fuori" dal campo di gioco, elemento imprescindibile per poter allestire una squadra sul campo.

Che rapporto ha con Mario Spalluto e con il resto della dirigenza?
Il rapporto è fiduciario e di stretta collaborazione. Quello di Mario è un lavoro che parte dal reclutamento a scuola, passa per il coordinamento di tutto il settore tecnico e giovanile (dentro e fuori dal campo) e finisce con la raccolta del materiale da campo (e non solo) quando termina la partita. E' a tutti gli effetti la vera anima "agonistica" della squadra, e a lui ed a tutto il settore tecnico va la nostra riconoscenza. Anche se non si vede (e nessuno lo dice o si lamenta) si lavora tutta una settimana per permettere alle nostre rappresentative di scendere in campo senza alcun altro problema se non di giocare.
Lo stesso rapporto fiduciario e di collaborazione esiste con il resto della dirigenza, Giovanni Antelmi con il suo oscuro ma essenziale lavoro di segreteria e Giovanni Andriani che si divide tra compiti "Istituzionali" (è componente del Consiglio regionale FIR) e di tecnico federale. Siamo un gruppo di amici che spendono il loro tempo libero per un unica causa.

E con i giocatori?
Con i giocatori ho un rapporto più da "zio" che da Presidente. Non mi sono mai occupato di problemi tecnici né ho intenzione di farlo. Sprono i ragazzi fuori dal campo, sono un tifoso che incita la propria squadra.

E’ stato giocatore in passato?
Ho giocato nel gruppo sportivo del Liceo Scientifico Monticelli quando ero al quinto anno, poi nei primi anni universitari come tesserato del C.U.S. Bari, giocavo all'ala (pesavo trenta chili di meno e correvo discretamente)... poche partite comunque. Non mi definirei un giocatore di rugby. Un Appassionato, un amatore o "rugbyman" quello si.

Secondo lei oltre a sostenere economicamente la squadra quale compito ha il Presidente di un’associazione sportiva?
Non ho idea di quali compiti un Presidente debba avere, posso dire quello che faccio io: coordino il lavoro "Istituzionale" a stretto contatto con la segreteria (rapporti con Comune ed Assessorati vari, FIR Puglia, Scuole, Enti Pubblici, CCIAA etc), stringo i rapporti economici con gli sponsor per il recupero di risorse e mi occupo delle rendicontazioni e dei pagamenti ai fornitori, do una mano a Mario quando è possibile per il recupero del materiale da consumo (benzina, pittura campo, noleggio pullman, reperimento Medico, spese terzo tempo... etc etc), mi occupo dei rapporti con le testate web e con i giornali e tv, e cucino (quando e se serve).
In ultimo... faccio la nostra birra alla Club House.

Da circa un anno gestisce la "Club House Nafta", un punto di ritrovo per appassionati di rugby, dove si seguono le partite del rugby professionistico e si organizzano i "terzi tempi". Cos’è il terzo tempo?
Intanto non lo gestisco io. Fortunatamente ci sono due persone che se ne occupano personalmente. Tutti insieme abbiamo pensato che una squadra diventa tale se ha un luogo identificativo nel quale ritrovarsi, parlare di rugby, vedere partite, stare insieme nella propria casa.
Il principio fondante è stato questo, e non è una idea originale. In tutto il mondo ogni squadra che si rispetti ha la propria Club House. Abbiamo avuto la possibilità di rilevare un Pub con una spesa abbordabile e abbiamo realizzato una idea che ci caratterizza rispetto a tutte le altre squadre della regione.
Vivere e "respirare" rugby nella Club House come una grande famiglia è essenziale per poter cogliere appieno la filosofia di questo sport. Come il terzo tempo, cioè la possibilità di bere tutti insieme (avversari compresi se possibile, anche se qui in Puglia la squadra ospitante ha sempre una gran fretta di andar via), dopo aver combattuto sul campo la sfida agonistica.

Da quest’anno lei ha avviato la produzione di vari tipi di birra firmati Nafta. Com’è nata questa passione per la birra?
Io "nasco" in una cucina, la mia è una famiglia di ristoratori da tre generazioni, quindi è per me naturale trovare sfogo in un laboratorio gastronomico.
Nella Club House non ho la possibilità di esprimermi in cucina (attrezzatura e spazio sono all'osso), ma il "pragmatismo economico" (il primo anno abbiamo speso in birra e terzi tempi tre/quarti del budget annuale) che nasce dalla mia deformazione professionale (sono Dottore Commercialista), unito alla passione per la cucina, ha scaturito una fantasia che tutti all'inizio pensavano irrealizzabile: "fabbrichiamo una birra", la bevanda più amata dai rugbysti. Ho studiato per mesi questa possibilità recuperando materiale da internet e dalle librerie specializzate.
Tornando da Dublino lo scorso anno mi sono deciso a provare ed abbiamo acquistato un minimo di attrezzatura fondamentale. Devo dire che è andata discretamente bene al primo tentativo. Fabbrichiamo nel nostro piccolo birrificio all'interno della Club House una Lager chiara ed una Stout scura (tutte di derivazione e ricette spiccatamente irlandesi). Ora dopo un anno di esperienza posso dire di aver acquisito una discreta padronanza delle tecniche di base, tanto che con l'aiuto di Alfredo Di Matteo ( il nostro ‘pilone’, dott.forestale e curatore agronomico delle Tenute Moreno), abbiamo sperimentato la produzione di una Birra di Natale (secondo una antica tradizione nordica) aromatizzata ai frutti rossi e chiodi di garofano...speriamo bene.
Il primo assaggio è previsto per il 20 dicembre ed in occasione del Seven Nafta.

Ha avuto occasione di seguire da vicino la nazionale italiana?
Sono un appassionato ed un tifoso sfegatato della nazionale. Ho sognato di veder giocare l'Italia nel 5 Nazioni sin dagli anni 70, con TV in bianconero e commento del memorabile Paolo Rosi sulla poltrona di casa accanto a mio padre, grande appassionato ed esperto dell'ovale "televisivo" che mi ha fornito i primi rudimenti tecnici e "normativi".
Il sogno si è realizzato nel 2000 e da allora cerco di non mancare agli appuntamenti importanti (tempo e budget personale permettendo). Sul nostro sito abbiamo pubblicato i resoconti dei viaggi al seguito della nazionale, compreso l'ultimo a Marsiglia in occasione della coppa del mondo. Possono essere uno spunto ed un mezzo di divulgazione per chi vuole avvicinarsi a questo sport.

Qual è la sua nazionale straniera di rugby preferita?
Mi piace l’irriducibilità degli irlandesi, la briosità e la fantasia dei francesi, la concretezza e fisicità degli argentini. Non mi piace la spocchia neozelandese e anglosassone.

Pensa che il rugby a Brindisi sia preso in giusta considerazione dai nostri politici? Quale sostegno si aspetta da loro?
Non abbiamo alcun peso né considerazione a livello politico. Siamo presi più per una curiosa banda di matti che sono appassionati di un pallone storto che rimbalza male in mezzo ad una pozza di fango.
Dobbiamo accontentarci di quello che riusciamo ad ottenere (un campo spelacchiato con acqua calda negli spogliatoi al contagocce) e nulla di più.

Lo sport è una delle più sane forme di comunicazione e di aggregazione e il rugby, pur essendo uno sport di contatto, è famoso per aver sempre dato di sé un immagine pulita (fango a parte). Memorabili le scene di sostenitori di squadre opposte che tifano abbracciati. Cosa pensa dei fatti di violenza legati al mondo del calcio?
Non commento. Sono degenerazioni che nulla hanno a che vedere con il fatto sportivo. Sono atti delinquenziali che andrebbero puniti severamente.
E' di questi giorni la "meraviglia" destata dal fatto che una squadra di calcio perdente ha fatto un corridoio agli avversari usciti vincitori dal campo, anche questo si commenta da solo.
La stessa cosa accade in tutti i campi di rugby dalla seria A alla serie C da anni ogni domenica... e noi non ci meravigliamo affatto. E' una normalità il rispetto per gli avversari. Non capisco.

Quali sono i suoi progetti per il 2008?
Abbiamo un sogno…costruire il nostro stadio. E' la nostra sfida per il futuro.

fonte: Ilaria Solazzo per http://myboxtvattualita.splinder.com