13/04/2004

Traffico Urbano: un patto per la salute tra cittadini e lavoratori


“Prevenire è meglio che curare” è un vecchio adagio che raccoglie il consenso di tutti ma che stenta a trasformarsi in gesti concreti soprattutto nel settore da cui ha preso origine, cioè il campo delle malattie.
Ogni giorno da alcuni mesi transito per un quadrivio dove si incrociano le vie cittadine che convogliano il traffico dei rioni Casale, Paradiso e Centro e ogni mattina almeno tre vigili urbani svolgono la loro preziosa opera per tentare di ridurre rallentamenti e ingorghi che pure inevitabilmente si creano.
Sono sicuramente alcune migliaia le autovetture che transitano intorno ai tre operatori e ciascuna depone nei loro polmoni la sua quota di polveri fini e di tante altre sostanze tossiche, alcune anche in grado di produrre alla lunga tumori.
Mi hanno spiegato che si tratta di una situazione transitoria legata ad alcuni lavori su un'altra arteria viaria. Ma ogni mattina per alcune ore i corpi di questi concittadini sono bersaglio delle emissioni dei nostri mezzi di trasporto ed anche delle nostre comodità e della nostra incapacità di trovare forme solidali di trasporto urbano. E purtroppo le scelte amministrative in questo campo sembrano andare nella stessa errata direzione: credo di aver letto qualche mese addietro che il nuovo bando per il trasporto pubblico prevede una riduzione delle corse urbane perché i brindisini non farebbero un sufficiente ricorso a questo autotrasporto come se se ciò non dipendesse dal fatto che l’attuale servizio, così come è organizzato, non risolve forse i loro problemi di mobilità.
Riguardo ancora alle condizioni di lavoro dei vigili urbani, ho poi appreso che una situazione analoga a quella del quadrivio Casale-Paradiso si ripete da anni ogni mattina nei pressi del semaforo di via Provinciale San Vito. E’ evidente che lo stesso pericolo corrono tutti i lavoratori che svolgono la loro attività per strada e quindi soprattutto quelli dei trasporti.
Ma è mai possibile che in un’epoca in cui si raggiunge Marte non ci sia il modo di regolare a distanza, con telecamere e semafori temporanei, le situazioni di maggior traffico urbano?
E’ chiedere troppo alla scienza ed alla tecnica di mettersi a servizio dell’uomo e non solo del profitto?
Esistono ormai grandi quantità di studi che pongono in relazione l’aumento della concentrazione nell’aria di polveri ultrafini e l’aumento di ricoveri e di morti per malattie cardiache e polmonari. Analogamente si sa ormai con certezza che quanti abitano in zone ad elevato traffico e quanti sono impegnati in attività lavorative che espongono a gas di scarico da autotrasporto possiedono un maggior rischio di ammalare per tumori. Cosa altro si aspetta quindi per mettere al riparo la salute di operatori stradali e cittadini?
Il dibattito in corso in queste settimane su alcuni giornali locali circa i parcheggi in città mi sembra un’ottima occasione perché i cittadini ed i lavoratori si riapproprino di questa problematica che, come credo di aver appena dimostrato, non riguarda solo la tasca ed i tributi dei brindisini, i lavoratori della polizia urbana e dei trasporti ma semplicemente la salute di tutti. Giustamente quindi si lamentano i cittadini che abitano nelle strade prossime ai corsi principali per il sovraccarico di autovetture in cerca di parcheggio. Come giustamente dovrebbero lamentarsi gli abitanti delle periferie che, oltre al carico di inquinamento derivante dal traffico extraurbano sulle grande arterie in ingresso ed in uscita, sono costretti anche a sopportare l’inquinamento dell’aria che origina dalla impossibilità pratica a raggiungere il centro urbano se non con automezzi propri.
Nel lanciare un allarme su una questione così importante per la salute pubblica concludo mettendo in guardia da due pericoli. Uno è sicuramente quello di far redigere un piano del traffico solo ad alcuni esperti: ben vengano gli esperti – non erano tali anche quelli che hanno redatto il piano in vigore? – ma a servizio di una valutazione partecipata dei cittadini, gli unici che possono soppesare i “pro” e i “contro” di un piano del traffico, non solo per la propria tasca ma anche per la propria pelle. L’altro pericolo è quello di affidarsi alle famose “centraline” misuratrici di alcuni inquinanti. Interessa relativamente ai cittadini se le centraline misurano valori nei limiti di sicurezza: per evitare il cancro l’unico limite accettabile è “zero”, cioè l’allontanamento del pericolo, e le “centraline” in questo caso, come nel caso dell’inquinamento industriale, se delegate a decidere per noi, forniscono solo l’alibi della sicurezza, sicurezza che invece può derivare unicamente dall’eliminazione o dal contenimento delle situazioni di pericolo.
Questa semplice storia del traffico urbano fornisce alcuni insegnamenti utili in tutti i settori della vita collettiva: che la salute non scaturisce solo da buoni servizi sanitari ma soprattutto da un’equa organizzazione sociale; che la salute si conserva se i soggetti interessati – cittadini, vigili urbani, lavoratori dei trasporti in questo caso – prendono coscienza dei pericoli e pretendono l’adozione delle misure di sicurezza – anche di tipo organizzativo e non solo individuale – che le conoscenze e le tecnologie attuali mettono a disposizione; che i tecnici e gli esperti sono necessari per fornire, senza deleghe in bianco, le soluzioni che soddisfano gli interessi espressi dai soggetti interessati, cittadini e lavoratori, uniti in un patto per la salute e per la vita.

Maurizio Portaluri