02/09/2009
L'allarmismo e la ricerca della verità sulla salute dei lavoratori. Di Maurizio Portaluri
Con l'articolo che segue, il prof. Maurizio Portaluri, inizia la sua collaborazione con la testata giornalistica Brundisium.net.
Portaluri è direttore della Unità Operativa di Radioterapia dell'Asl Brindisi. Nato a Brindisi nel 1960, ha studiato presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, conseguendo, con il massimo dei voti e la lode, sia la laurea in Medicina e Chirurgia che la Specializzazione in Radioterapia Oncologica.
Si è perfezionato in Oncologia Clinica e di Laboratorio presso l’Università degli Studi di Bari ed ha svolto attività professionale presso la "Casa Sollievo della Sofferenza" in San Giovanni Rotondo (FG), la “Casa di Cura Villa Maria Cecilia” in Cotignola (RA), l'ospedale "Di Summa" (poi Perrino) di Brindisi.
Per due anni è stato Direttore Generale Asl BAT, per poi ricoprire il ruolo di Direttore Generale dell’Istituto Tumori
di Bari.
Portaluri è ricercatore associato del CNR – Istituto di Fisiologia Clinica nell’ambito della oncologia, dell’organizzazione sanitaria, dei percorsi sociosanitari e dell’epidemiologia ed è impegnato nella ricerca sui tumori professionali e nella prevenzione oncologica negli ambienti di vita e di lavoro.
E’ autore di numerose pubblicazioni nel campo dell’oncologia e
dell’epidemiologia su riviste scientifiche internazionali e nazionali. Svolge attività pubblicistica di divulgazione su temi scientifici e riguardanti la promozione della salute.
Ha pubblicato il libro: "La Sanità Malata - Viaggio nella Puglia di Vendola"
L’intervento di Carlo Perrucci, Segretario Territoriale della UILCEM, permette di chiarire alcune idee sulla stato della salute pubblica a Brindisi e sulla relazione tra questa e il locale sistema industriale.
Perrucci prende spunto da una sollecitazione da me rivolta al Presidente della Regione Puglia qualche settimana fa, perché si acquisiscano, si aggiornino e si rianalizzino i dati sulla coorte dei lavoratori del petrolchimico di Brindisi secondo moderne tecniche di studio.
E questo non per mera curiosità scientifica o per riaprire capitoli giudiziari, la cui chiusura con archiviazioni o assoluzioni è stata peraltro oggetto di un rispettoso ma documentato dissenso da parte di alcune associazioni. Ma perché stabilire la verità epidemiologica su quegli anni è interesse di migliaia di famiglie che hanno perso prematuramente un loro congiunto e di migliaia di lavoratori che, di fronte ad una più precisa individuazione dei rischi, potrebbero beneficare di una sorveglianza sanitaria, prevista dalla legge ma mai applicata, mirante a diagnosticare precocemente alcune malattie, cercando così di evitare le loro irreparabili evoluzioni.
Come questo possa impedire nuovi insediamenti industriali o attribuire alle attività industriali attuali le cause di tutti i mali, resta per me oscuro.
A meno che non si intenda dire, ma non da parte mia, che la salute del lavoratore e la sua sicurezza sul posto di lavoro siano un costo eccessivo per le imprese del nostro territorio.
Semmai mi aspetterei che un sindacato fosse fortemente impegnato in una battaglia per la sicurezza sul lavoro tema che include anche la salute degli ex-esposti e gli interesse delle loro famiglie Questo per quanto riguarda il passato.
Ma veniamo al presente. Se Brindisi è area ad alto rischio di crisi ambientale, ciò non è a causa di quanti richiamano “situazioni allarmanti e catastrofiche”, ma per una legge dello Stato del 1986.
A ciò si aggiunga che solo qualche mese fa, dopo tante insistenze da parte di gruppi di cittadini, è stato varato il piano di emergenza esterna; che ancora un anno fa abbiamo avuto notizia di sostanze tossiche e cancerogene (Idrocarburi Policiclici Aromatici) misurate in quantità dieci volte superiori alle ordinarie rilevazioni in una centralina della città in occasione di uno dei tanti episodi di accensione in emergenza della torcia del petrolchimico; che i registri nazionali delle emissioni, per annotazioni che provengono da parte aziendale, ci informano della emissione in aria di quantitativi importanti di un cancerogeno noto come il benzene.
Nessuno pensa che da un polo industriale esca aria di montagna, così come non si può sostenere che la qualità dell’aria di Brindisi sia influenzata solo dalle emissioni industriali. Ragionare, però, su dati certi e cercare di ridurre i rischi non è solo un diritto dei lavoratori e dei cittadini per la tutela della loro salute ma è interesse anche della nostra economia.
E qui veniamo alla questione dell’industrializzazione o meglio del suo rilancio. Molte della produzioni di cui constatiamo i danni non ci sono più, è vero. Ma questo è avvenuto perché Brindisi era luogo di semplice produzione e non anche di innovazione. Ogni produzione che non abbia qui il suo centro di ricerca e sviluppo è destinata a vita breve. Questo vale per quelle passate, quelle attuali e quelle che si vogliono attirare.
Non aggiungo altro perché non sono un economista, ma tra il sistema produttivo locale ed il piccolo mondo della conoscenza che qui si è sviluppato c’è ancora troppa distanza.
Infine la medicina del lavoro di cui nell’intervento di Perrucci si lamenta la mancanza. La Medicina del Lavoro come medicina dei lavoratori è scomparsa in Puglia ed in Italia da tempo, da quando con la 626, d’accordo i sindacati, la sorveglianza dei lavoratori è stata affidata al medico competente di nomina aziendale.
Oggi un lavoratore che voglia far valutare una sua possibile malattia professionale può rivolgersi al medico aziendale od a un medico del lavoro in regime privatistico.
In Puglia è rimasto un solo Reparto di Medicina del Lavoro, al Policlinico di Bari. A Brindisi la Medicina del Lavoro è incorporata incomprensibilmente nel Servizio di Prevenzione e Protezione della ASL, servizio che è rivolto ai dipendenti del servizio sanitario locale e che, pertanto, nulla ha a che vedere con la diagnosi e la cura delle malattie dei lavoratori dipendenti da altre aziende.
La previsione di un Day hospital e di un ambulatorio aperto all’esterno a San Pietro Vernotico (non si comprende perché lì e non a Brindisi che del polo industriale è la sede) non risulta ancora realizzata. Né si comprende come la Medicina del Lavoro possa operare in maniera scollegata con lo Spesal, il servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, le cui informazioni sono essenziali per riconoscere le cause delle malattie da lavoro, mentre l’epidemiologia delle malattie da lavoro è necessaria allo Spesal per fare il suo lavoro di prevenzione. Così come non risulta attivato a Brindisi (mentre a Lecce è già partita da due anni) la ricerca dei tumori professionali dall’analisi delle schede di dimissione ospedaliera (progetto OCCAM previsto dalla Regione), proprio in un’area in cui l’OMS considera di probabile origine professionale l’eccesso di tumori registrato.
Pertanto una medicina del lavoro senza dati, compreso i primi di cui abbiamo parlato, rischia di diventare un pannicello caldo per la propria coscienza, mentre i lavoratori ammalati o a rischio di ammalarsi, gli ex esposti, vagano senza una meta certa tra il medico aziendale, lo Spesal, una medicina del lavoro pubblica che ancora non si vede. E quando si ammalano, la loro malattia deve essere sottoposta al giudizio dell’INAIL, l’ente erogatore del beneficio assicurativo che è anche l’ente preposto a riconoscere il nesso di causalità, un caso di evidente conflitto di interesse.
Sarebbe ora di affidare alle ASL la fase del riconoscimento.
Si faccia finalmente questa battaglia sulla Medicina del Lavoro a Brindisi da parte del Sindacato e di quanti ci credono, con la chiara consapevolezza che questa attività sarà efficace se si instaurerà il circolo virtuoso prevenzione-cura –controllo ed epidemiologia.
Maurizio Portaluri
|