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Approfondimenti: La città che non c'è. Di Dario Bresolin



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Approfondimenti » 18/04/2008

La città che non c'è. Di Dario Bresolin

Il concetto di "città" qui da noi non esiste.
Esiste un agglomerato di genti diverse che vengono da storie diverse, da luoghi diversi, da usi diversi, da linguaggi diversi. I poppiti con le frise e con le divise. I baresi con l'arroganza di chi ha fame arretrata, qualche molisano che ha avuto culo e continua ad averne, i veneti che non hanno mai avuto storia.
Nel porto abbiamo avuto bisogno degli stranieri per fare numeri e traffico. Il commercio, negli ultimi decenni, è stato ostunese e francavillese.
I brindisini si sono sempre riservati i due ruoli socialmente opposti: proprietari terrieri o di cantine vinicole oppure pezzenti doc. I primi spesso hanno amministrato, i secondi che oggi lo vogliono fare per forza, senza preparazione, senza storia personale, senza infamia e senza lode.
Non abbiamo le "contrade" come a Siena. Non abbiamo le mura come nelle città-stato. Abbiamo cani che cacano dappertutto, macchine che non trovano parcheggio.
Non abbiamo una storia comune. Non abbiamo una identità di cui andare orgogliosi. Avevamo un tempo due colonne. Oggi ne abbiamo una. Virgilio è sceso dalla nave ed è morto.
Il presidente dell’autorità portuale ha quasi 80 anni, Mennitti 65 ed Errico pure.
E’ questa una città forse? E’ questa una comunità che può chiamarsi tale? Siamo una massa di culi in vendita, da sempre.
Lo siamo stati per Salucci come per gli inglesi, per l’Enel come per la Montecatini.
Culi in vendita. Infatti siamo una città senza puttane.
Siamo pieni di assoldati, gente di provatissima scarsa qualità che si crede Dio-e-Padreterno perché nessuno si pone loro davanti per dire “ma chi cazzo sei?” e sculacchiarli di mazzate.
Quando proprio gli imbecilli si sentono in difficoltà hanno due scelte: parlare male di chiunque o candidarsi.
Peccato che Milosevic sia morto. Una consulenza sulla pulizia etnica sarebbe stata cosa gradita.
Mennitti è arrogante, strafottente, soprattutto ingrato, una sorta di cero pasquale di questo venerdì di passione che non diventa mai Pasqua, passaggio, rinascita, resurrezione. Ma il delinquente rimane sempre Antonino.
Chi cazzo era Salucci? Se lo sono chiesto anche i magistrati e hanno capito che non era nemmeno affidabile. Quanti Salucci ci sono in giro e ci saranno da qui a vent’anni? Chi li porterà qui da noi? Quanti Giuda circolano nelle amministrazioni? Perché l’Andromeda si fa in pochi mesi e i progetti di edilizia civile dormono? Cosa significa “produttività” per i dirigenti del Comune? Chi li sceglie? Come si scelgono? Che significa “avere i titoli”? E i contenuti? E la storia personale? E dove sta più la gente di riferimento? Dove stanno le persone vere? Come si fanno le liste elettorali per le amministrative? Chi le fa?
E’ come la raccolta differenziata. Passano da un sacchetto ad un altro perché sanno di poter contare sul voto di qualcuno che non ha ancora alzato la testa, perché per essere “culi” la devono tenere bassa.
Perché ancora siamo infestati da figure “politiche” che da trent’anni occupano lo spazio che dovrebbe essere dei nuovi? Chi li supporta?
Come si fa a dire “io amo Brindisi”? Che tipo di feticismo è?
Brindisi, questa cosa che una volta aveva una storia, una dignità, una tradizione, un entusiasmo, un fiato solo… adesso è una donna anziana, non più fertile, malata, senza denti, senza pane, senza medico, senza futuro ma con una serie di parenti che le stanno intorno per succhiarle la pensione da fame.
Pezzenti. Siamo pezzenti, senza orgoglio e senza nemmeno più dignità.
Tiratevi su le mutande, alzate la testa e guardate in faccia chi tenta di fottervi giorno dopo giorno e sputate in faccia a questi piccoli bastardi da quattro soldi. Da quattro soldi. Da trenta denari ogni volta.

Dario Bresolin


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