Approfondimenti » 12/09/2006
La Fiera del Levante "Di là del mare". Di Roberto Romeo
L’Oriente è lì di fronte. Giù per la scalinata di Virgilio
che digrada sul porto e poi diritto, attraverso la lama
azzurra dell’Adriatico fino ai declivi dell’Albania sui
cui passi si arrampicava la via Egnazia, "itinera" romana
che si addentrava nella penisola balcanica da Durazzo e
Apollonia (poco più a nord dell’odierna Valona) per poi
piegare a Sud verso Salonicco. Da Roma a Salonicco, via
Brindisi e Durazzo: la via Appia e la via Egnazia erano
gli assi portanti dell’egemonia militare dell’Impero
romano. Oggi gli assi si chiamano corridoi e al posto
delle legioni armate dovranno trasportare rotabili, treni
merci e cargo.
Ma il tracciato è lo stesso di oltre venti secoli fa,
trasposto sui ricorsi del tempo e destinato a diventare
un’importante cerniera di sintesi della nuova Europa.
Tra i corridoi paneuropei che solcheranno i Balcani da
Ovest a Est quello che recupera parte delle cartografie
della vecchia Egnazia è il Corridoio VIII. Il progetto,
che nel tratto terrestre prevede strade e ferrovie,
oleodotti e gasdotti, prende le mosse da Durazzo e
prosegue nel retroterra albanese fino alla capitale
Tirana. Poi si inerpica sulle Alpi macedoni fino a Skopje
per declinare verso Sofia. Infine discende in direzione
Plovdiv per raggiungere la costa del Mar Nero e i porti
bulgari di Varna e Burgas.
Da lì il Medio Oriente e l’Asia centrale sono ad un passo:
la porta verso i commerci globali è aperta. Una via nuova,
fondamentale per la FYR Macedonia e l’Albania e di
importanza altrettanto strategica per i terminali
connettivi della nostra regione: attraverso il
collegamento marittimo fra i porti di Brindisi e Bari e
Durazzo in Albania, e poi quello stradale-ferroviario fino
al Mar Nero, infatti, il Corridoio VIII può consentire di
estendere progressivamente verso Oriente quelle forme di
collaborazione industriale e commerciale che già sono
significative fra le due sponde.
La Puglia in particolare ritrova terre con le quali nella
prima metà del secolo scorso aveva intessuto relazioni
molto forti, valorizzando le sue rendite portuali e
allargando le sue rotte imprenditoriali ai mercati in
espansione dell’Europa dell’Est.
Una regione e un fronte di territori possono ritrovare la
sponda perduta negli anni della guerra fredda e
riallacciare quel tessuto di rapporti, commerci e affari
che nei secoli scorsi hanno qualificato e distinto lo
spazio geoeconomico del nostro Levante.
L’esperienza della Ouest Atlantique francese vale ad
accreditare i buoni propositi del progetto, a renderli
plausibili: nell’arco di pochi decenni, l’area del Nord-
Ovest europeo, grazie anche alle provvidenze di mirati
fondi strutturali europei, ha saputo rimettere in moto il
proprio prodotto interno e la sua forza di attrazione nei
confronti degli investitori esteri.
Puntando sulla locale formazione di forza lavoro e
creando nuove infrastrutture, l’area franco-atlantica è
riuscita ad inserirsi in un circuito di impresa ed
investimento su scala globale, risollevando in questo modo
un’economia abulica e strutturalmente inferiore alle medie
continentali.
Nondimeno oggi il Sud ha bisogno di imprenditoria
coraggiosa, spesso diffidata da possibili interventi
agevolativi, che tuttavia sia messa nelle condizioni di
far parte integratamente di un mercato. Condizioni che
rimandano chiaramente al fabbisogno di servizi ed
infrastrutture sui territori interessati, ossia alla
esigenza di corredarsi di una rete sistemica di
comunicazione e trasporti che potrebbe vedere proprio
nello scalo di Brindisi il suo snodo centrale.
La globalizzazione dei mercati sta portando ad una visione
ultraterritoriale delle relazioni: in tale ottica le "aree
lente" del Mezzogiorno dovranno trovare presto uno sbocco
dei rapporti verso un Oriente in espansione, andando a
chiudere l’anello mancante della lunga catena di
collegamento con i mari del Nord.
D’altro canto la realizzazione del progetto deve fare i
conti con le criticità delle infrastrutture allo stato
attuale, spesso non favorite dall’orografia delle regioni
interessate. La sola rete stradale, ad esempio, che si
snoda per circa 900 chilometri, attende interventi per la
costruzione di ponti e trafori: particolarmente carente
nella tratta albanese, al confine tra Albania e FYR
Macedonia e tra FYR Macedonia e Bulgaria; accettabile
invece in FYR Macedonia e in Bulgaria, fino alle coste del
Mar Nero. Si svolge per più di mille chilometri, invece,
la rete ferroviaria tracciata in fede al progetto da
Durazzo fino ai porti del Mar Nero di Burgas e Varna. Qui
sono prioritari i problemi di interconnessione tra le reti
nazionali albanese (la più lenta con una velocità media di
percorrenza dei convogli pari a trenta chilometri orari),
macedone (treni merci con velocità media di settanta
chilometri orari e treni passeggeri con velocità media di
cento chilometri orari) e bulgara (la più veloce delle tre
con treni passeggeri che viaggiano alla velocità media di
centoventi chilometri orari).
Lo spiegamento di un canale infrastrutturale intermodale
con zone dotate di più alti tassi di sviluppo (attuali o
prospettici) favorisce la trasmissione dei riflessi e
delle influenze aumentandone la velocità e amplificandone
le ricadute. I processi economici si espandono nello
spazio concentricamente, come le onde provocate da un
sasso che cade su una superficie d’acqua: un tessuto
infrastrutturale efficiente e opportunamente interconnesso
permette di non disperdere, se non di dilatare
geograficamente a raggiera, gli impulsi di un’economia in
crescita cancellando ogni confine tra mercati.
Dopo l’insediamento nel 2003 del Segretariato Tecnico a
Bari e lo Steering Committee dell’anno successivo che ha
definito il Piano delle Attività per il biennio 2005-2006,
alla Fiera del Levante (Padiglione della Regione Puglia)
si torna a parlare in questi giorni di Corridoio VIII e di
cooperazione europea in vista delle fasi attuative
dell’ambizioso progetto. A "Di là del mare", questo il nome dato al tavolo
negoziale, partecipano le massime rappresentanze
governative di Albania, Macedonia e Bulgaria, oltre al
ministro degli Esteri Massimo D’Alema, ai vertici dello
Sviluppo Economico di Regione Puglia, Ice e Assindustria,
e una delegazione di ricercatori della facoltà di Economia
di Bari. Un summit che propone un’analisi critica del
Corridoio VIII, delle sue implicazioni a livello locale,
regionale e internazionale, tracciando un quadro
documentato sullo stato dell’arte, sulle iniziative e sui
finanziamenti, e non trascurando di esplorare anche i
parametri delle economie partenariate: da una parte quelle
dell’Area Balcanica Occidentale, con l’Albania che stringe
ancora nel settore primario la sua dominante produttiva e
di reddito ma che conta di variegare l’offerta aggregata
grazie all’avvio dei cd.
Programmi di Prossimità con
interlocutori occidentali (aumento delle relazioni nel
campo universitario e culturale, interventi mirati in
materia di energia, sviluppo del microcredito destinato
alle piccole imprese, iniziative intese a favorire il
turismo culturale); dall’altra la FYR Macedonia e la
Bulgaria, con la prima che osserva i precetti di adesione
all’Unione Europea dandosi un quadro normativo orientato
agli investitori stranieri e rimodellando un’economia di
struttura su basi diversificate, personale formato secondo
gli standard europei e un’area di libero scambio estesa a
dieci Paesi. Infine la Bulgaria, l’avamposto levantino del
Corridoio, il "Paese delle Rose", prossimo ventiseiesimo
tassello della Unione Europea (gennaio 2007 insieme con la
Romania) e già potente attrattore di capitali stranieri
alla luce di un costo del lavoro pro capite tra i più
contenuti dell’Europa sud orientale e balcanica, di
maestranze altamente specializzate, della localizzazione
strategica tra Europa e Asia, di un regime di tassazione
per le società e per le persone fisiche tra i più bassi
dell’Europa dell’Est.
Del resto anche la Puglia non gode di una posizione di
privilegio, e non indifferente è il lavoro di
riprogrammazione che separa la regione dalla messa a
regime del Corridoio VIII: a partire dalle infrastrutture
che attendono un significativo rilancio in una prospettiva
di grande business (nel 2010 sarà inaugurato il mercato
comune del Mediterraneo).
Tutto da sciogliere è ancora il nodo della portualità
integrata: se è vero che la Puglia si candida a confermare
la sua vocazione di snodo dei traffici sull’asse Europa-
Asia, è anche vero che i progetti di strutture avanzate
(stoccaggio, conservazione, trattamento e smistamento
delle merci) sono ancora in stato di incubazione.
L’intermodalità con ferrovia e direttrici stradali può
essere assicurata con uno sforzo congiunto istituzioni-
privati. Allo stesso modo il comparto turistico,
richiamato a più voci come mercato con le più alte
concentrazioni marginali di capitale, non si accompagna a
una crescita adeguata o altrettanto veloce dei servizi e
delle attività di promozione. Il manifatturiero regge la
sfida della "selezione competitiva" e gli agricoltori
invocano maggiori risorse per il primario e tutele
normative più certe e concrete.
Un quadro con molti tratti d’ombra e appunti di interventi
finalizzati al quale l’esecutivo di turno risponde, con
buona pace delle associazioni degli imprenditori e degli
stessi sindacati, con un seguito di provvedimenti di
liberalizzazione nell’idea (neanche tanto originale) che
la libertà di imprendere iniziative produttive possa
attivare e diffondere moltiplicatori virtuosi. La Puglia
ha sempre scommesso sulle capacità delle proprie imprese
di creare ricchezza attraverso le esportazioni, ma oggi la
globalizzazione impone alle economie del Sud di superare i
vecchi schemi gestionali fermi su logiche localistiche
marcando la dipendenza dalle infrastrutture come
inevitabile elemento di sopravvivenza.
Non ci resta che attendere.
Roberto Romeo
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