Approfondimenti » 13/02/2006
Brindisi, Sport e Giovani. Di Don Antonio Randino
Di seguito la sintesi della relazione presentata da Don Antonio Randino al convegno "BRINDISI, SPORT E GIOVANI", svoltosi nei giorni scorsi nel capoluogo di provincia.
INTRODUZIONE
Lo sport è sicuramente uno dei fenomeni rilevanti che, con un linguaggio da tutti comprensibile, può comunicare valori molto profondi.
Può essere veicolo di alti ideali umani e spirituali quando è praticato nel pieno rispetto delle regole; ma può anche venir meno al suo autentico scopo quando fa spazio ad altri interessi che ignorano la centralità della persona umana.
L'attività sportiva pone in luce, oltre alle ricche possibilità fisiche dell'uomo, anche le sue capacità intellettuali e spirituali. Non è mera potenza fisica ed efficienza muscolare, ma ha anche un'anima e deve mostrare il suo volto integrale.
Ecco perché il vero atleta non deve lasciarsi travolgere dall'ossessione della perfezione fisica, né lasciarsi soggiogare dalle dure leggi della produzione e del consumo, o da considerazioni puramente utilitaristiche ed edonistiche.
Il senso di fratellanza, la magnanimità, l'onestà e il rispetto del corpo - virtù indubbiamente indispensabili ad ogni buon atleta - contribuiscono all'edificazione di una società civile dove all'antagonismo si sostituisca l'agonismo non esasperato, dove allo scontro si preferisca l'incontro ed alla contrapposizione astiosa il confronto leale.
Così inteso, lo sport non è un fine, ma un mezzo; può divenire veicolo di civiltà e di genuino svago, stimolando la persona a porre in campo il meglio di sé e a rifuggire da ciò che può essere di pericolo o di grave danno a se stessi o agli altri.
Non sono purtroppo pochi, e forse si vanno facendo più evidenti, i segni di un disagio che talvolta mette in discussione gli stessi valori etici fondanti la pratica sportiva.
Accanto ad uno sport che aiuta la persona, ve n'è infatti un altro che la danneggia; accanto ad uno sport che esalta il corpo, ce n'è un altro che lo mortifica e lo tradisce; accanto ad uno sport che persegue nobili ideali, ce n'è un altro che rincorre soltanto il profitto; accanto ad uno sport che unisce, ce n'è un altro che divide.
VISSUTO ECCLESIALE
Lo sport è di casa nelle nostre realtà ecclesiali, a cominciare dalla parrocchia e da quella istituzione così preziosa che è l’oratorio.
Si deve riconoscere che con il gioco e lo sport la Chiesa si è inserita tra i ragazzi e i giovani in modo semplice ed efficace, nel rispetto della loro crescita e nella valorizzazione del loro gioioso incontrarsi.
Diceva Paolo VI: "La Chiesa, che ha la missione di accogliere ed elevare tutto ciò che nella natura umana vi è di bello, armonioso, equilibrato e forte, non può che approvare lo sport, tanto più se l’impegno delle forze fisiche si accompagna all’impiego delle energie morali, che possono fare di esso una magnifica forza spirituale ...".
Giovanni Paolo II affermava: "La Chiesa stima e rispetta lo sport che è realmente degno della persona umana. Esso è tale quando favorisce lo sviluppo ordinato e armonioso del corpo al servizio dello spirito, quando costituisce una competizione intelligente e formativa che stimoli l’interesse e l’entusiasmo, e quando resta sorgente di piacevole distensione".
La visione conciliare del rapporto Chiesa-mondo spinge a chiedersi non solo cosa ha da dire la Chiesa allo sport, ma anche cosa ha da dire lo sport alla Chiesa.
LO SPORT, LUOGO DI VALORI
La Chiesa si interessa di sport perché si interessa dell’uomo, perché è profondamente coinvolta nella sua vicenda e impegnata, per vocazione e missione, nella sua salvezza. Nella sua prima enciclica Giovanni Paolo II ha scritto che l’uomo è "la prima e fondamentale via della Chiesa".
Per quanto non essenziale alla vita dell’uomo e della società, lo sport tocca senz’altro aspetti che sono fondamentali per la formazione della persona, nelle sue modalità di espressione e di relazione con gli altri e con il mondo creato.
Lo sport non può essere considerato come una realtà totalizzante: non è tutto, ma va correttamente rapportato a una scala di valori quali il primato di Dio, il rispetto della persona e della vita, l’osservanza delle esigenze familiari, la promozione della solidarietà.
In questo senso, lo sport non è un fine. Ma esso non è nemmeno un semplice mezzo; piuttosto, è un valore dell’uomo e della cultura, un "luogo" di umanità e civiltà, che tuttavia può risolversi in luogo di degenerazione personale e sociale.
Dal punto di vista etico, lo sport ha come sua finalità oggettiva di essere "al servizio di tutto l’uomo", di rispettare e favorire "la dignità, la libertà, lo sviluppo integrale dell’uomo". Tale principio di finalità costituisce la guida e la regola per la sua autentica bontà.
L’affermazione della presunta "neutralità" dello sport, come esperienza sganciata da riferimenti etici, generalmente non è disinteressata, ma al servizio di una concezione mercificante della vita. Recuperiamo il significato più autentico dello sport.
"Lo sport - diceva Giovanni Paolo II in occasione del Giubileo internazionale degli sportivi - è gioia di vivere, gioco, festa, e come tale va valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del tecnicismo e del professionismo mediante il recupero della sua gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire il dialogo e l’apertura gli uni verso gli altri, come espressione della ricchezza dell’essere ben più valida e apprezzabile dell’avere, e quindi ben al di sopra delle dure leggi della produzione e del consumo, e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica ed edonistica della vita".
Don Antonio Randino
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